Signor Halter, lei ha una visione d’insieme di ciò che succede in Svizzera nell’ambito del ricambio generazionale. Qual è l’importanza di questo argomento?
Frank Halter: Se ne parla molto, tutti sanno che è importante. Spesso però gli imprenditori hanno difficoltà ad affrontare la loro successione. La cosa non sorprende: c’è una moltitudine di consulenti in materia, tanto fumo e poco arrosto.
Lei è uno di questi consulenti e ha elaborato un modello di successione teorico. Qual è la differenza tra teoria e pratica?
Innanzitutto, dare il via al percorso di pianificazione della successione. Un imprenditore solitamente prende i problemi di petto, ma quando è toccato nell’intimo della propria attività, adduce mille scuse per procrastinare.
È comprensibile.
Ciò ha principalmente a che fare con la risposta alla domanda: io sono l’impresa o io dirigo l’impresa? Chi possiede un’azienda e se ne sente responsabile, sa anche di dovere agire. Gli altri sprecano i condizionali – dovrei, vorrei, mi piacerebbe – oppure si rivolgono a un fiduciario.
Scelta condivisibile, dopo tutto.
No, per togliere il tema del cambio generazionale dal dimenticatoio e dare il via processo non servono cifre dettagliate, bensì quello che io chiamo un «empatico rompiscatole»: uno sparring partner che pensi in modo imprenditoriale, con la capacità di ascoltare e di portare alla luce anche cose nascoste.
Lei invita a considerare la successione aziendale come precipuo compito imprenditoriale e strategico. Che cosa significa in termini concreti?
Solo chi crede fermamente in un modello di business, riconosce il reale potenziale futuro dell’azienda e ha la ferrea volontà di farla crescere con tutte le sue forze, ha un’autentica possibilità di successo.